ETERNO MAL, GLI 80 ANNI DEL CANTANTE FRA NUOVI CONCERTI, UN LIBRO E NESSUN RIMPIANTO

19.03.2024

Compie 80 anni Mal, eterno ragazzino della musica italiana, eterno "Don Lurio" come ama definirsi durante i suoi spettacoli che sono una vera e propria biografia vivente, la stessa appena uscita nelle librerie dal titolo "Quella furia di Mal".

Oltre 50 anni di carriera, milioni di dischi venduti, quasi 2 solo con "Furia" che sul finire degli anni '70 segnerà per sempre il suo nome a quel brano per ragazzini ma amato da tutte le generazioni.
Una carriera iniziata in Gran Bretagna, l'arrivo in Italia nel 1966 nell'olimpo dei club all'iconico Piper, gli inizi con i "The Primitives" sino al successo da solista con brani indimenticabili come "Pensiero d'amore" e "Bambolina".

Quattro volte in gara al Festival di Sanremo, protagonista di reality e programmi TV, il tempo sembra essersi fermato per l'artista che abbiamo incontrato a Molino Dei Torti (AL) in occasione di un concerto voluto dal Sindaco Mario Campanella: "Mal è un amico , un'artista unico che ogni volta che viene a trovarci lascia il segno".
E lo fa anche in questa occasione.

-Ad un veterano della musica come te non posso che chiedere cosa pensi dell'ultimo Festival di Sanremo?
"Sanremo è cambiato molto, ha perso il sapore di una volta. Era il Festival della canzone italiana, oggi invece c'è di tutto, politica, sport, la musica non è più protagonista. Si è persa un po' la melodia e quindi le canzoni che si ricordavano subito."
-Nel libro appena uscito ripercorri la tua carriera ed anche chi ha scritto per te, geni come Luigi Tenco e Franco Migliacci che ha scritto forse la più celebre canzone italiana nel mondo, "Nel blu, dipinto di blu". Oggi mancano gli autori di quel calibro?
"No secondo me ci sono ancora ottimi autori ma sono stati messi in secondo piano. I ragazzi di oggi che fanno questo mestiere fanno tutto loro e con un computer scrivono testi senza pensarci troppo. È tutto più semplice."
-Anche l'autotune, parlando di mezzi semplici, viene abusato.
"Certo chiunque canta oggi può permettersi di stonare ma basta mettere un po' di autotune per cambiare tutto. Una volta non era così nessuno ti aiutava o cantavi bene o non andavi da nessuna parte."
-Però resta comunque il fatto che salvo rare eccezioni oggi le carriere durano poco. Tu sei l'esempio che dopo 50 anni sei ancora qui con il tuo pubblico, canzoni nuove e tanti concerti.
"Ma sai forse non c'è più gavetta e si vede. Io ero sconosciuto e ho sempre cantato davanti al pubblico, ho sbagliato ma imparato molto. Oggi i talent non aiutano, ti buttano già davanti a un pubblico in delirio, ti dicono come vestirti, come muoverti e ti giudicano. Non è una critica ma è stato diverso per me ai miei tempi. Ne ho parlato anche con Amadeus, gli ho detto di riportare la musica italiana nel mondo, quando si vendeva il bel canto italiano oltre i confini. Oggi in pochi vendono oltre l'Italia.
-Invece i tuoi tanti successi sono entrati nella hit parade, da "Pensiero d'amore" a "Occhi neri, occhi neri" e "Bambolina" ma, come tutti i cantanti che si rispettino c'è una canzone in cui tutti ti identificano, "Furia". Che rapporto hai con questo grande successo senza tempo?
"Io amo Furia, non posso negarlo. Mi piace molto scherzare su un fatto del destino però, nello stesso anno di "Furia" mi fu proposto il Festival di Sanremo con "Bella da morire", ma i miei discografici mi consigliarono di continuare la promozione e il successo che "Furia" aveva e così mi trovai a un bivio. Decisi di ascoltarli ed il brano andò agli Homo Sapiens che vinsero il Festival. Ma io non potevo sapere cosa sarebbe accaduto quindi ho ascoltato i miei discografici e ho continuato a portare "Furia" ovunque con i programmi per bambini accanto a Maria Giovanna Elmi. Chi può sapere cosa sarebbe accaduto se fossi andato io al Festival."
-Insomma, nessun rimpianto.
"Ah maledetto "Furia" (ride). No scherzo, assolutamente no, nessuno, mi piace molto scherzare quando parlo della mia carriera, sono contento di avere un pubblico che mi vuole bene."

Alessandro Paola Schiavi
Foto di Cesare Zibelli